Per molto tempo è stata attribuita al digiuno una connotazione negativa poiché contraria alla regola base della nutrizione classica di non saltare i pasti e di frazionare l’alimentazione in 3 pasti principali e 2 spuntini.
L’idea del digiunare è associata alla sensazione di stanchezza, di debolezza, di offuscamento mentale, senza considerare che sin dalla preistoria l’uomo si è dovuto adattare ad uno stile alimentare che prevedeva un consumo di cibo molto più saltuario del nostro; l’uomo infatti si è evolutivamente adattato al digiuno. La storia con le frequenti carestie, le difficoltà nel reperire e procurarsi il cibo e le prigionie, hanno costretto i nostri antenati a digiunare forzatamente per periodi più o meno lunghi.
In realtà quando si mangia meno e/o meno spesso si attivano una serie di meccanismi metabolici in grado di aumentare la forza e la capacità di resistere alla fatica e allo stress fisico; meccanismi che l’uomo moderno ha ereditato dagli ominidi riusciti appunto a sopravvivere e a riprodursi in condizioni di difficile accessibilità al cibo.
Il Digiuno Intermittente è la volontaria astinenza dall’assunzione di cibo per un periodo di tempo limitato. L’utilizzo del digiuno intermittente, adotttato da sempre per motivi culturali e religiosi, recentemente sta diventando un approccio terapeutico per affrontare la dilagante obesità e per migliorare le condizioni di salute.
Esistono vari protocolli di digiuno intermittente che variano per la durata del periodo di digiuno e della finestra di alimentazione. Un protocollo molto comune prevede il digiuno a giorni alterni: un giorno si mangia normalmente mentre il successivo si digiuna oppure si adotta un regime di forte restrizione calorica, consumando meno di 600-800 kcal giornaliere: una modifica di questo protocollo prevede 2 giorni alla settimana non consecutivi di restrizione e gli altri di normale alimentazione. Altri protocolli sono basati sul digiuno per 24/30 ore che può essere praticato da due volte al mese fino ad un massimo di due volte a settimana .e il resto dei giorni l’introito calorico è controllato (digiuno alternato a restrizione calorica). Infine i protocolli più semplici e di comune utilizzo prevedono il consumo di cibo limitato ad una finestra temporale ( 8/4 ore ) e il digiuno per il resto del giorno ( 16/20 ore) da praticare, volendo, anche ogni giorno (alimentazione a tempo ristretto).
Meccanismi metabolici del digiuno
Il glucosio è la fonte primaria di energia accessibile facilmente per tutti i tessuti del corpo umano; ma in assenza di glucosio Il nostro organismo può adattarsi passando al metabolismo dei grassi, senza effetti nocivi sulla salute. Dopo 48 ore di digiuno infatti la fonte di energia non è più il glucosio ma i grassi che attraverso la lipolisi rilasciano acidi grassi liberi: si formano così i corpi chetonici capaci di attraversare la barriera emato-encefalica, e che sono perciò utilizzabili come fonte energetica alternativa al glucosio anche dal cervello oltre che dal fegato e dai muscoli L’utilizzo dei corpi chetonici da parte del cervello e del corpo sembra essere quella preferita non solo nel digiuno ma anche nell’esercizio fisico prolungato. Si passa dallo stoccaggio dei grassi alla loro mobilizzazione in acidi grassi liberi e corpi chetonici. In questo modo il muscolo viene preservato.
Effetti del digiuno intermittente
Uno degli immediati benefici del digiuno intermittente è la riduzione del peso dal 2 al 9%, con rilevante diminuzione della massa grassa e un impatto trascurabile o molto ridotto sulla massa magra. Questo lo rende un approccio alimentare molto utilizzato tra sportivi e bodybuilders che vogliano aumentare la definizione muscolare senza sacrificare la muscolatura.
Gli studi, tutti su modelli animali, dimostrano che il digiuno intermittente senza riduzione complessiva dell’apporto calorico,possa avere un effetto protettivo nei confronti di tutta una serie di danni legati all’invecchiamento, tanto da arrivare ad aumentare la durata della vita in soggetti di specie diversa, con riduzione dei livelli ematici di glucosio e d’ insulina. Inoltre la riduzione dello stress ossidativo e del danno a carico del DNA in diverse aree cerebrali, potrebbe essere utilizzato per contrastare l’infiammazione anche in malattie neurodegenerative come ad esempio il morbo di Alzheimer. Infine il digiuno intermittente migliora in maniera sensibile il profilo lipidico del sangue con riduzione dei trigliceridi del colesterolo LDL e aumento di quello HDL e conseguente riduzione delle malattie cardiovascolari
Sebbene ancora non esistano studi specifici sull’uomo i dati i raccolti inducono a ritenere che il digiuno intermittente possa influenzare alcune patologie tumorali. Sul modello animale è stata dimostrata infatti una minor incidenza di certi tipi di tumore, e una significativa riduzione della velocità di proliferazione di alcuni tipi di cellule maligne
Le controindicazioni
E’ importante però sottolineare che non tutti possono praticare il digiuno intermittente Si tratta di protocolli che devono essere affrontati sotto la guida di un professionista per non creare carenze nutrizionali e squilibri elettrolitici.
Il digiuno intermittente è assolutamente controindicato durante la gravidanza e l’allattamento, in soggetti con problemi tiroidei, in soggetti con diabete di tipo I o di tipo II trattati con insulina e altri farmaci e in tutti i soggetti che soffrano di disturbi delcomportamento alimentare.
E' uno strumento con molte potenzialità, ma sicuramente non è la panacea per ogni male, e sono necessari ulteriori studi prima di poter indicare con sicurezza l’utilizzo ai fini preventivi e terapeutici.